Qual è il femminile di poeta? Una domanda che, forse vi stupirà, ha poco di attuale e molto di antico.
Un dubbio antico
Durante i miei studi per la tesi magistrale dedicata alle voci femminili dell’antichità ho appreso un’informazione di cui mai avevo avuto conoscenza: ai tempi di Saffo non esisteva la parola “poeta” declinata al femminile. Ecco forse perché qualcuno l’ha chiamata “la decima musa tra i nove poeti lirici”: non sapevano come chiamarla?
E come spesso accade quando non si è abituati vedere una donna svolgere una professione considerata “maschile” solo perché fino a quel momento l’hanno svolta solo gli uomini, ecco che anche la parola per rappresentare quella realtà non esiste, e se esiste diventa ironica. Ci sono attestazioni di commedie greche in cui la parola poeta declinata al femminile ha proprio l’accezione parodica: faceva proprio ridere pensare che una donna possa scrivere in versi!
La prima attestazione di ποιήτρια (il nostro “poetessa”) avviene molti secoli dopo Saffo: siamo nel III secolo a.C.: in una epigrafe viene celebrata una poetessa vagante, Alcinoe di Tronio. Il tema dell’imbarazzo quindi, a volte dura anche secoli: ci sono state altre poetesse dopo Saffo ma sono serviti cinque secoli per arrivare alla “poetessa” Alcinoe.
Ciò che non si dice, non esiste
(Cecilia Robustelli)
La poeta o la poetessa?
Poetessa è la forma più attestata, come nota anche la Crusca. Alma Sabatini notava comunque che l’italiano non prevede il suffisso in -essa per parole come sindaco, avvocato, deputato, che possono essere facilmente trasformate al femminile con la desinenza in -a.
La connotazione spregiativa della parola è legata principalmente a nuovi usi (es. deputatesse pettorute, Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana).
Secondo Alma Sabatini, la parola poetessa eredita una desinenza “sfortunata” – perché palesemente ironica – dalla desinenza greca che in italiano avrebbe valenza accrescitiva (es. coltello-coltellessa). Tale sfumatura sarebbe alleggerita per le professioni dove le donne – storicamente – si sono affermate, come la professoressa. La desinenza è ritenuta critica anche perché in passato veniva usata anche per riferirsi alla moglie di chi ricopriva una determinata carica (presidente, presidentessa) oppure per estendere ad una donna i mestieri solitamente degli uomini (R. Fornaciari).
Isabella Gardini, ricordando l’uso sessista del termine poetesso per “deridere il poeta di scarso valore”, aggiunge anche una bella riflessione nel suo libro Costellazione Parallela, che ha come sottotitolo “Poetesse italiane del Novecento”:
provocatoriamente scelgo di mantenere la parola più scomoda e più antica nel nostro immaginario, perché coerente con ciò che desidero affermare: la presenza della storia, non soltanto il valore della differenza ma con esso la necessità di ricostruire e accogliere una tradizione fatta anche di ombre.
Il parere di Luca Serianni
Quando ho intervistato Luca Serianni, il professore mi ha spiegato che la cosa fondamentale è rispettare il parere del parlante: mi disse che ci sono molte donne che vogliono essere chiamate avvocato.
Oggi per quanto riguarda la fascia più giovane (dai 40 anni in giù) le donne che svolgono la professione di avvocato sono più numerose degli uomini, però non ne conosco nessuna che si faccia chiamare avvocata o avvocatessa. Si fanno chiamare “avvocato”. Questo è un limite obiettivo: la lingua deve essere sempre accettata e usata in primo luogo dai parlanti.
Luca Serianni per Culturamente.it
A mio avviso, che sia poeta o poetessa: basta che “si chiami” visti i precedenti greci, che scomodano anche le muse per definire la genialità femminile.
Perché “Poetesse donne”
Non posso non chiudere questo articolo spiegando perché questo sito si chiama poetesse donne, visto che mi è stato chiesto anche sui social: è presto detto! Quando ho effettuato le ricerche su Google per conoscere come gli utenti cercano l’argomento sui motori di ricerca, ho appreso che una tra le espressioni più cercate è “poetesse donne”. Sarebbe da chiedersi perché l’utente che cerca poetesse di Google abbia bisogno di aggiungere anche donne visto che la parola professionale è già declinata al femminile.
Il parere di Giorgio Taverniti, esperto di Google
Come suggerisce Giorgio Taverniti, effettuando una ricerca veloce sul Suggest di Google, questo rafforzativo “donne” viene aggiunto anche ad altri mestieri non considerati “primariamente femminili”, come scienziate donne, artiste donne, ministre donne.
C’è ancora dubbio – quindi – nella ricerca, come lo è stato nel lessico negli ultimi anni, tanto nella vita comune (io sono stata proclamata “signora dottore” nel 2014) quanto in quella giornalistica (signora ministro): molte persone non sono sicure che stanno “cercando” la cosa giusta su Google, come dimostrano anche le principali domande effettuate dagli utenti, tipo: come si dice poeta o poetessa / qual è il nome femminile di poeta / come si trasforma poeta al femminile?
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