Poetessa della notte.
Scrittrice e voce notturna.
Quando si parla di Catherine Pozzi, la dimensione della notte avvolge la sua vita e le sue opere.
Le origini borghesi
Catherine Pozzi nasce a Parigi nel 1882, prima di tre figli, da una famiglia dell’alta borghesia: madre ereditiera e padre, di origini italiane, chirurgo e stimato docente di ginecologia. Quest’ultimo ha vaste passioni culturali e casa Pozzi vanta un raffinato salotto frequentato, tra gli altri, da Marcel Proust.
Respirando l’aria intellettuale di famiglia, Catherine ha una precoce vocazione per le lettere antiche e la poesia, insieme a una predisposizione per la musica e per le lingue. Inizia, così, a studiare pianoforte, inglese e tedesco, ma anche a scrivere.
Viaggia in Italia e in Inghilterra e, nel 1909, sposa il drammaturgo Edouard Bourdet con il quale ha un figlio. Il rapporto con il marito si incrina molto presto. Catherine si lega profondamente e intellettualmente allo scrittore André Fernet.
Intanto, la tubercolosi comincia il suo lento e letale cammino nel corpo della donna.
L’incontro e il legame con Paul Valéry
Nel 1920, Catherine Pozzi ha un incontro che influenzerà profondamente la sua vita poetica e personale: quello con il poeta e filosofo Paul Valéry. Dopo la separazione definitiva dal marito nel 1921, Catherine inizia una relazione con Valéry, una relazione tempestosa che originò una fitta e importante corrispondenza e che terminerà nel 1928. La fine del rapporto con il poeta porta Catherine a provare un grande senso di vuoto e di solitudine.
Attraverso Valéry, la poetessa aveva conosciuto Rainer Maria Rilke, con il quale aveva tenuto una corposa corrispondenza epistolare tra il 1924 e il ’25.
La poesia
Una figura poliedrica, mistica, dalla passione per l’antico, quella di Catherine Pozzi.
E la sua poesia ne è la naturale dimostrazione. I suoi versi ardenti, disperati, misteriosi non vanno semplicemente letti, ma cercati, esplorati in profondità perché Catherine Pozzi non si ferma davanti al visibile, non si accontenta di ciò che trova, è assetata di conoscenza. Desidera di più. Guarda altrove. Va oltre.
Dominata da una profonda inquietudine per tutta la vita, la poetessa torna alla fede cattolica negli ultimi anni prima della morte, avvenuta nel 1934 a causa della tubercolosi e delle grandi dosi di morfina assunte. Muore sola, lontana da tutti, dopo aver pubblicato un’unica poesia e averne conservate poche altre.
Scrisse anche articoli scientifici e diari in cui raccolse pensieri e riflessioni.
La sua pubblicazione è, comunque, quasi interamente postuma.
Negli ultimi versi da lei scritti, è chiaro il suo amore per la Grecia antica, per quelle laminette orfiche* da lei tradotte. Orfica pare essere, così, anche la sua poesia. Una poesia misteriosa, arcaica e celante, forse, il desiderio di trovare nell’aldilà quella felicità negata sulla terra.
*Le laminette orfiche sono lamine di metallo prezioso risalenti al V – III sec. che venivano sepolte con il defunto e sulle quali erano scritte delle formule particolari. Queste potevano servire al defunto per il suo viaggio nell’aldilà, come una sorta di istruzioni.
Catherine e Antonia: le due “Pozzi” che non si sono mai incontrate
Bibliografia consigliata
Il mio inferno – Poesie di Catherine Pozzi (a cura di Marco Dotti) Nyx e altre poesie – Catherine Pozzi (a cura di Claudia Ciardi) La flamme et la cendre - Correspondance – Catherine Pozzi Paul Valéry (in lingua francese) (Queste lettere, come affermato dal poeta e critico americano Lawrence Joseph, costituiscono, nel loro genere, una sorta di capolavoro)
Articolo della poetessa Federica Sanguigni
Immagine (modificata), Unknown (private collection), Public domain, via Wikimedia Commons
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