poesie sulla primavera

Poesie sulla primavera poco conosciute

Come per autunno, inverno ed estate, le poetesse hanno spesso trovato ispirazione nella stagione primaverile. Dai fiori che sbocciano ai canti degli uccelli, ogni elemento della primavera può diventare un mezzo per esprimere sentimenti di speranza e rinascita.

La primavera, però, non è solamente un simbolo di bellezza e felicità nei versi poetici che seguono, ma anche un’occasione per riflettere sull’esistenza. Questa stagione porta con sé non solo il rinnovamento della vita, ma anche la consapevolezza della sua fragilità e della sua transitorietà.

Le poetesse, con la loro sensibilità e la loro profondità, invitano ad esplorare questi temi complessi attraverso le loro poesie, offrendoci una visione ambivalente della primavera, come metafora della vita stessa.

Da Antonia Pozzi a Christina Rossetti, da Patrizia Cavalli a Anne Sexton, ecco alcune autrici che hanno trattato il tema in maniera totalmente differente tra loro e che probabilmente non avete studiato sui libri di scuola.

Amelia Rosselli

Primavera, primavera in abbondanza
i tuoi canali storti, le tue pinete
sognano d’altre avventure, tu non hai
mica la paura che io tengo, dell’inverno
quando abbrividisce il vento.
Strappi rami agli orticoltori, semini
disagi nella mia anima (la quale bella
se ne sta in ginocchio), provi a me
stessa che tutto ciò che ha un fine
non ha fine.
Oppure credi di dileguarti, sorniona
nascosta da una nuvola di piogge
carica sino all’inverosimile.
Ma il mio pianto, o piuttosto una stanchezza
che non può riportarsi nel rifugio
strapazza le foglie, che ieri
mi sembravano voglie, tenerezze anche
ed ora sperdono la mia brama.
Di vivere avrei bisogno, di decantare
anche queste spiagge, o monti, o rivoletti
ma non so come: hai ucciso il tuo grano
nella mia gola.
Assomigli a me: che tra una morte
e l’altra, tiro un sospiro di sollievo
ma non mi turbo; o mi turbo? del tuo
sembrare agonizzante mentre ridi.
E bestemmia la gente: è più fiera
di te che dello spazio che ti strugge
portandoti fra le mie braccia. E io
stringo una pallida mummia che non
odora affatto: escono semi dai suoi
occhi, pianti, virgole, medicinali
e tu non porti il monte nella casa
e tu non puoi fruttificare, queste
sorelle che ti vegliano.
Sembri infatti un morto nella cassa
e non ho altro da fare che di battere
i chiodi nella faccia.

Antonia Pozzi

Gronda di neve disciolta
la casa. Trasale
l’anima al tonfo delle gocce fitte.
Così sfacendosi
dolorano le cose.
Ma lontano,
oltre i veli del sole e gli insicuri riflessi,
oltre il trascolorare delle ore,
vive un esiguo mondo
d’erba e di terra.
Radici
profonde nel grembo di un monte
a Primavera votate
si celano.
E conosco
io sola
il nome d’ogni fiore
che fiorirà,
la luce ed il pezzo di zolla
in cui prima riappaia la tenera
esistenza delle foglie.
Radici
profonde nel grembo di un monte
conservano un sepolto segreto
di origini –
e quello per cui mi riapro
stelo
di pallide certezze.

Edna St. Vincent Millay

A quale scopo, Aprile, torni di nuovo?
La bellezza non basta.
Non puoi più tranquillizzarmi con il rossore
di piccole foglie che si aprono appiccicosamente.
So quello che so.
Il sole è caldo sul mio collo mentre osservo
Le punte dei crochi.
L’odore della terra è buono.
È evidente che non c’è morte.
Ma cosa significa questo?
Non solo sotto terra ci sono cervelli di uomini
mangiati dai vermi.
La vita in sé
non è nulla,
Una tazza vuota, una rampa di scale non pavimentata.
Non è sufficiente che ogni anno, giù per questa collina,
aprile
venga come un idiota, balbettando e spargendo fiori.

(Originariamente pubblicato in Secondo aprile, 1921)
Tradotto con DeepL.com

Christina Rossetti

Bloccati dal gelo per tutto l’inverno,
semi, radici e noccioli di frutti,
cosa farà salire la loro linfa
per far nascere germogli?
Punte di verde tenero,
foglie, foglie o guaine;
che raccontano la vita nascosta
che si sprigiona sotto di noi,
La vita nutrita nella sua tomba dalla Morte.
Soffia piacevolmente il vento di disgelo,
Sgocciola la pioggia che bagna,
Per mezzo di un’unica misura, guarda il sole che si risveglia:
L’erba giovane spunta sulla pianura;
Le giovani foglie rivestono i primi alberi delle siepi;
Semi, radici e noccioli di frutti,
gonfi di linfa emettono i loro germogli;
Le felci dalla testa riccioluta spuntano nel viottolo;
Gli uccelli cantano e si accoppiano di nuovo.
Non c’è tempo come la primavera,
quando la vita è viva in ogni cosa,
Prima che i nuovi nidiacei cantino,
Prima che le rondini di mare accelerino il loro viaggio di ritorno
lungo la pista senza sentieri –
Dio guida le loro ali,
Egli imbandisce la loro tavola, affinché non manchi nulla.
Prima che la margherita diventi un fiore comune
Prima che il sole abbia il potere
di bruciare il mondo nell’ora del meriggio.
Non c’è tempo come la primavera,
Come la primavera che passa;
Non c’è vita come la Primavera, la vita che nasce per morire,
Che buca la zolla,
che veste la zolla grezza,
Nata nel nido,
Sbocciata sul ramo ventoso,
Forte sull’ala:
Non c’è tempo come la primavera che passa,
ora appena nata e ora
Affrettandosi a morire.

Da A Poem for Every Spring Day , a cura di Allie Esiri
Tradotto con DeepL.com

Emily Dickinson

Una luce esiste in primavera
Non è presente nell’Anno
In qualsiasi altro periodo –
Quando marzo è appena arrivato
Un colore si staglia all’esterno
Sui campi solitari
che la scienza non riesce a cogliere
Ma la Natura Umana sente.
Aspetta sul prato,
mostra l’albero più lontano
Sul pendio più lontano che conoscete
Quasi ti parla.
Poi, mentre gli orizzonti si allontanano
O i mezzogiorni si allontanano
Senza la formula del suono
Passa e noi restiamo…
Una qualità di perdita
che colpisce il nostro contenuto
Come se il commercio avesse improvvisamente invaso
un sacramento.

Tradotto con DeepL.com

Patrizia Cavalli

Così arrivi, come sempre,
a spargere il sospetto del paradiso,
e prima ancora di aprire la finestra
ti riconosco dalla luce più lenta
dai pulviscoli sospesi e senza direzione

Anne Sexton

Qui tutto è giallo e verde.
Ascoltate la sua gola, la sua pelle di terra,
le voci secche dei guardoni
che palpitano come pubblicità.
I piccoli animali del bosco
portano le loro maschere della morte
in una stretta grotta invernale.
Lo spaventapasseri ha strappato i suoi
i suoi due occhi come diamanti
e si è incamminato verso il villaggio.
Il generale e il postino
si sono tolti lo zaino.
Tutto questo è già accaduto in passato
ma qui nulla è obsoleto.
Qui tutto è possibile.
Per questo
forse una giovane ragazza ha deposto i
i suoi abiti invernali e si è casualmente
su un ramo di un albero
che pende su una pozza d’acqua del fiume.
Si è riversata sul ramo,
sopra le case dei pesci che nuotano
mentre nuotano dentro e fuori dal suo riflesso
e su e giù per le scale delle sue gambe.
Il suo corpo porta le nuvole fino a casa.
Si affaccia sul suo volto acquatico
nel fiume dove i ciechi
ciechi vengono a fare il bagno a mezzogiorno.
A causa di questo
la terra, quell’incubo invernale,
ha curato le sue piaghe e scoppia
con uccelli verdi e vitamine.
Per questo
gli alberi si girano nelle loro trincee
e sorreggono piccole coppe di pioggia
con le loro dita sottili.
Per questo
una donna sta vicino alla sua stufa
cantando e cucinando fiori.
Qui tutto è giallo e verde.
Sicuramente la primavera permetterà
una ragazza senza un punto addosso
di girare dolcemente alla luce del sole
e non avere paura del suo letto.
Ha già contato sette
fiori nel suo specchio verde verde.
Due fiumi si uniscono sotto di lei.
Il volto del bambino si raggrinzisce
nell’acqua e se ne va per sempre.
La donna è tutto ciò che si può vedere
nella sua bellezza animale.
La sua pelle cara e ostinata
giace profondamente sotto l’albero acquatico.
Tutto è possibile
e anche i ciechi possono vedere.

Tradotto con DeepL.com

Ada Negri

Domani è aprile, e tu verrai per condurmi incontro all’ultima primavera.
Donde verrai, come verrai, non so; ma senza soffrire potrò rivederti.
Soave sarà nella tua la mia mano, soave il mio passo al tuo fianco.
Occhi d’infanzia i nostri, a specchio innocente del novo miracolo verde.
Andremo per orti e frutteti, a capo scoperto nel sole, senza far male ai
santi germogli.
In punta di piedi, per tèma si stacchin dai rami le rosee farfalle dei
pèschi,
e trepidi e senza respiro, per non turbar pur con l’aria i fiori dell’ultimo
sogno.
E di quello che fu della carne, nulla verrà ricordato.
E di quello che fu del dolore, nulla verrà ricordato.
E quel che è della vita eterna farà pieno di canti il silenzio.
Non io tua, non tu mio: dello spazio: radendo la terra con ali invisibili,
sempre più lievi nell’aria, sempre più immersi nel cielo,
fino a quando la notte ci assuma ai suoi vasti sepolcri di stelle

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Alessia Pizzi

Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista, fondatrice di CulturaMente e di Poetesse Donne. Nel 2020 ho pubblicato il libro "Qualcuno si ricorderà di noi", dedicato alle poetesse dell'antichità, nel 2023 ho pubblicato "Poesie sul Tavolo".

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